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Pubblicato il 3 Settembre 2025

LA TERRA DEGLI ALTI PASSI

Difficile da descrivere il viaggio appena vissuto in Ladakh, un sogno che alla fine si è realizzato.

Passare dal caos di Delhi all’India himalayana è un vero tuffo in un altro tempo, in un’altra dimensione.

Me li vedevo già nella mente i paesaggi aridi, i monasteri, le tuniche rosse, le bandierine smosse dal vento, e così è stato e molto di più.

Dopo un volo di poco più di un’ora si atterra in un aeroporto completamente circondato dalle montagne, in mezzo al nulla. Appena arrivati sembra subito di essere lontani da tutto e da tutti, e la sensazione è davvero bella. In un attimo si arriva in centro a Leh dove mi sistemo nel mio hotel, in stile tradizionale, con le finestre in legno intagliato e i mobili colorati tibetani.

La prima giornata si trascorre in assoluto relax per abituarsi all’altitudine, che a Leh raggiunge i 3500 metri. I consigli: muoversi poco, bere tanto, evitare alcool, in effetti direi che ha funzionato visto che in una settimana non ho avuto neppure un mal di testa.

Comincio con l’esplorazione dei dintorni di Leh e i monasteri di Shey, Hemis e Thiksey. Vengo subito accolta dalle numerose ruote della preghiera, da muovere sempre in senso orario; dagli stupa bianchi e soprattutto dal silenzio che aleggia e viene rotto solo dal vento. Ognuno dei tre monasteri ha la sua bellezza, di Shey mi è piaciuta la tranquillità; di Hemis il grande cortile con il portico in legno colorato; di Thiksey, la vivacità dei muri sui toni dal rosso al giallo.

Prima di lasciare Leh, trascorro una giornata alla scoperta della città e del suo palazzo. Attraversando la città vecchia e le case in mattoni in rovina si raggiunge il palazzo reale costruito su nove piani, la vista dall’alto è spettacolare. Con un tragitto un po’ polveroso a piedi si può arrivare anche allo Tsemo Gompa e da qui la vista è ancora più sorprendente…consiglio, andarci presto al mattino, perché il sole è proprio forte! A Leh non può mancare una camminata per il mercato e per le sue stradine dove ho incrociato di tutto: cani, asini e anche mucche in libertà!

Dopo essermi acclimatata parto alla volta della Nubra Valley inerpicandomi per il Kardung La Pass che supera i 5300 metri. La vera esperienza è la strada, i panorami che scorrono e i numerosi riders che si incontrano lungo il tragitto. Effettivamente il Ladakh è una meta molto ambita dai motociclisti, sfrecciare tra le curve dei passi di montagna deve essere una bella emozione. Una volta in cima si può avere una vista sulle montagne del Karakorum, oltre a quella sui ghiacciai che sono davvero vicini. Da qui inizia la discesa per raggiungere il tranquillo monastero di Diskit e la Nubra Valley. I panorami sono quasi surreali: montagne desertiche, dune di sabbia, l’impetuoso fiume Shyok affluente dell’Indo, e cammelli battriani. Non è facile descrivere la bellezza di questi scenari dove la natura è la vera regina.

L’avventura continua in direzione del lago Pangong: visto che la strada più “breve” è chiusa, il percorso si allunga e attraversa i due passi di montagna Wari La e Chang La. Non per nulla Ladakh significa “La terra degli alti passi”. La strada, nel suo continuo saliscendi, è lunga ma altrettanto bella: incrocio ruscelli e yak al pascolo. Nel pomeriggio raggiungo le rive del lago Pangong, con le sue acque limpide e le montagne che lo circondano. L’emozione è grande, visto che il Tibet è proprio a due passi!

Rientrata a Leh mi attende l’ultima giornata di visita dei suoi monasteri: Lamayuru, Alchi e Likir. Tra questi quello di Alchi è davvero particolare, con murales e statue tra i più belli di tutto il Ladakh. Il tempo è un po’ meno clemente, il sole e i cieli azzurri hanno lasciato spazio alla pioggia.  

Ormai giunta al termine di questa avventura on the road mi spiace davvero lasciare il Ladakh, con la semplicità delle sue persone e la bellezza dei suoi paesaggi. E’ una terra straordinaria, ma al tempo stesso dura. Qui come non mai ti accorgi che devi sottostare al volere della natura: basti pensare ai voli cancellati per il maltempo che ti costringono a cambiare i piani; ai passi che in estate si trovano coperti di neve; alle strade che per la pioggia si coprono di fango; ai fiumi che fanno paura per la loro potenza. Di questo angolo di mondo mi porto a casa tantissimi ricordi e sorrisi, se chiudo gli occhi vedo ancora le bandierine che colorano il cielo azzurro. Julley! Una parola sola che racchiude tanti significati: ciao, grazie, addio…anche se preferisco arrivederci!

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